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Santi del 28 Luglio

Il mio Santo > I Santi di Luglio

*Sant'Acacio (Acazio) di Mileto - Martire (28 luglio)

m. Mileto, Asia Minore, 321
Il Martyrologium Romanum ricorda oggi Sant’Acacio, martire sotto l’imperatore Licinio presso Mileto in Asia Minore.
L’iconografia lo raffigura quale vescovo.
Etimologia: Acacio = Acazio, Achazia "il Signore tiene", dall'ebraico
Martirologio Romano: A Mileto in Caria, nell’odierna Turchia, Sant’Acacio, martire, sotto l’imperatore Licinio.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Acacio di Mileto, pregate per noi.

*Sant'Alfonsa dell'Immacolata Concezione (Anna Muttathupadathu) - Clarissa dell’India (28 luglio)
Arpukara (Kerala, India), 19 agosto 1910 - Bharananganam, 28 luglio 1946
Etimologia:
Alfonsa = valorosa e nobile, dal gotico
Martirologio Romano: Nella città di Bharananganam nello Stato del Kerala in India, Sant’ Alfonsa dell’Immacolata Concezione (Anna) Muttathupadathu, vergine, che, per sfuggire a un matrimonio imposto, si bruciò un piede mettendolo nel fuoco e, ammessa poi tra le Clarisse Malabaresi, quasi sempre malata offrì la propria vita a Dio.
Il suo nome di nascita è Anna Muttathupadam ed è la prima beata dell’India, beatificata nel 1986, seguita poi dalla seconda beata Mariam Thresia Chiramel Mankidiyan beatificata nel 2000.
Nacque ad Arpukara (Kerala, India) il 19 agosto 1910, fu battezzata secondo il rito siro-malabarico, (i fedeli di rito siro-malabarico di obbedienza cattolica, sono attualmente un paio di milioni, divisi in vescovadi e con liturgia propria); rimasta orfana in tenera età, fu educata da una zia materna e dalla nonna. Ben presto si sentì attratta dalla vita religiosa, per cui a 17 anni, nel 1927 entrò come postulante nel monastero delle clarisse; trascorse il noviziato senza tentennamenti, pienamente consapevole della scelta fatta della sua vita.
Nel 1931 emise i voti temporanei e nel 1936 quelli perpetui, sempre nel monastero delle Clarisse Malabariche di Bharananganam.
Gli fu affidato il compito di insegnare, ma dovette lasciarlo per motivi di salute; in seguito gli vennero dati compiti confacenti con il suo cagionevole stato di salute.
Conscia della situazione, si mantenne molto riservata e caritatevole verso tutti, cercando di non
pesare alla comunità; soffrì in silenzio sia le ostilità che non mancarono, sia le malattie, che i testi consultati non specificano, che nel 1945 esplosero in modo violento e inarrestabile, portandola a morte a soli 36 anni, il 28 luglio 1946.
Nella sua sofferenza diceva: “Io sento che il Signore mi ha destinata ad essere un’oblazione, un sacrificio di sofferenza…
Il giorno in cui non ho sofferto è un giorno perduto per me”. La sua breve vita di suora clarissa, lasciò il ricordo di una santa esistenza e la fama di questa santità si propagò in modo impressionante dopo la sua morte.
I pellegrinaggi che ogni anno si recano sulla sua tomba per pregare e impetrare grazie, sono numerosi, non solo di fedeli cattolici ma anche di musulmani e di induisti, attratti dalla purezza della sua giovane vita tanto sofferta e dal suo potere taumaturgico.
Il vescovo di Palai nel 1955 iniziò il regolare processo diocesano per la sua beatificazione; il 9 novembre 1984 venne dichiarata venerabile e infine l’8 febbraio 1986 papa Giovanni Paolo II l’ha beatificata a Kottayam - India, insieme all’altro beato indiano Kuriakose Elias Chavara. Infine Benedetto XVI l'ha canonizzata il 12 ottobre 2008 in Piazza San Pietro.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*Sant'Arduino di Ceprano - Sacerdote (28 luglio)

+ Ceprano, Frosinone, 28 luglio 627
A Ceprano (Fr), attivo centro produttivo noto soprattutto per le sue cartiere, si conserva il ricordo e il corpo di Sant'Arduino. Non abbiamo molte notizie storiche sulla vita del santo, onorato nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, a Ceprano.
Si sa per certo che che visse nell'undicesimo secolo, al tempo della prima crociata.
Probabilmente fu un pellegrino o un crociato straniero, forse inglese, venuto a morte nella cittadina laziale presso il Liri e qui onorato a seguito di particolari grazie e miracoli a lui attribuiti.
Il suo culto nel centro laziale fu da subito sincero e profondo, e venne approvato fin dal 1531 dal Papa Clemente VII.
La figura di Arduino è il segno di una ricchezza storica di queste zone che spesso hanno vissuto il passaggio di stranieri o si sono trovate al centro di scontri tra eserciti. (Avvenire)
Secondo una recente leggenda Sant’Arduino sarebbe nativo dell’Inghilterra, di stirpe pagana.
Sant’Agostino di Canterbury, celebre evangelizzatore dell’isola, lo convertì al cristianesimo e gli conferì l’ordinazione sacerdotale. Per un certo tempo Arduino esercitò il suo ministero dedicandosi intensamente alla preghiera ed al digiuno, finché insieme ad altri santi pellegrini, Gerardo, Bernardo e Folco, decise di intraprendere la visita dei luoghi santi in Palestina.
Al ritorno da questo lungo viaggio si sarebbe fermato a Ceprano, in provincia di Frosinone, ove fu però colpito dalla peste allora dilagante e trovò così la morte il 28 luglio 627.
Gli fu data sepoltura nella chiesa di Santa Maria Maggiore. E’ da evidenziare che talvolta l’esistenza
terrena di questo santo è invece collocata nell’undicesimo secolo, al tempo della prima Crociata.
Il suo culto, a Ceprano, fu sempre sincero ed affettuoso, e sin dal 1531 venne approvato dal Papa Clemente VII. Verso la metà del XVII secolo il clero della cittadina laziale si avvaleva ancora nella recita dell’Ufficio di una leggenda di Sant’Arduino, suddivisa in più lezioni con inni ed “oremus” propri.
Nel 1728, però, i Bollandisti non riuscirono più a risalirvi, in quanto ormai aveva preso piede un Ufficio comune. Alcuni brani della leggenda ci sono comunque pervenuti grazie al Vitagliano che li riportò nel suo “Ceparano ravvivato”.
Verso il ‘600 il vescovo di Veroli, Eugenio Fucci, compì una ricognizione delle reliquie ed un’altra fu effettuata il 31 luglio 1863 dal vescovo Fortunato Maurizi, in occasione del nuovo altare dedicato al santo.
In realtà già il 18 luglio 1621 il comune di Ceprano, come risulta dai suoi atti consiliari, aveva effettuato uno scambio di reliquie con il comune di Santo Padre al quale ne aveva ceduta una di Arduino.
Il capo inltre, precedentemente separato dal corpo e legato in argento, fu adornato con maggiore fasto nel 1766.
Una reliquia del Santo si trova anche presso Rocca d’Arce, in diocesi di Aquino, ove nel 1779 fu trasferita in una nuova chiesa dalla vecchia cappella in demolizione a lui dedicata.
I Bollandisti collocarono la festa di Sant’Arduino al 25 ottobre, giorni in cui era ricordato nella seconda edizione del Martirologio di Giovanni Wilson ed in quello di Riccardo Challoner.
Quanto all’iconografia del santo, si ha notizia di una sua immagine dipinta nell’antica basilica vaticana.
Nella chiesa ormai scomparsa di Ceprano campeggiava una statua lignea con il capo in argento ed una tavola dipinta raffigurava al centro il santo ed attorno ad esso undici miracoli da lui operati.
La sua immagine era inoltre intagliata nel prospetto del campanile di Santa Maria in Ceprano insieme con le effigi di altri tre pellegrini.
La biografia scritta dal Tavani riporta la stampa di una bella incisione in rame che rappresenta il Santo in vesti da pellegrino e sullo sfondo il ponte sul Liri e Ceprano con le sue torri.
Ad essa si ispira il moderno dipinto del Boccali, dai vivaci colori, che raffigura Sant’Arduino con i classici attributi del pellegrino e del sacerdote.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Arduino di Ceprano, pregate per noi.

*Beato Astolfo Lobo - Vescovo (28 luglio)

Eminente teologo di rara sapienza, il Beato Astolfo Lobo, vescovo dell’Ordine Mercedario della città di Tournai in Belgio, fu pastore di anime e padre dei poveri.
Governò con prudenza e luminosa fede finché in quella stessa sede episcopale, illustre per la santità e scienza si addormentò nella pace del Signore.
L’Ordine lo festeggia il 18 luglio.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*San Botvido di Svezia - Martire (28 luglio)

Botvid, evangelizzatore della Svezia e martire, morì nel 1100 per mano di uno schiavo finlandese che aveva riscattato, dopo averlo istruito e battezzato.
Stava navigando con lui e con un altro amico attraverso il Mar Baltico, quando l'uomo uccise entrambi i compagni di viaggio e scappò. Secondo una leggenda, tra le tante fiorite intorno alla vita del santo, un uccello guidò con il suo canto una spedizione alla ricerca dei corpi, e non cessò di cinguettare fino a che non furono ritrovati.
Laico, fattore ad Hammarby, Botvid si era convertito alla fede durante un viaggio in Inghilterra ed era tornato in patria con alcuni monaci inglesi per portare il Vangelo.
Fu sepolto a Botkyrka. Nel 1339, visitando la tomba, Brigida di Svezia - prima della vedovanza - ebbe un'apparizione in cui Botvid le disse: «Io e altri santi abbiamo ottenuto da Dio la grazia che tu possa udire, vedere e conoscere le cose dello spirito e lo Spirito di Dio avvamperà nella tua anima». (Avvenire)
Martirologio Romano: In Svezia, San Botvido, martire, che, svedese di nascita e battezzato in Inghilterra, si dedicò all’evangelizzazione della sua patria, finché fu ucciso dall’uomo che lui stesso aveva riscattato dalla schiavitù.
Insieme con Sant'Eschilo Botvido (Botvid) fu l'apostolo del Södermanland (in Svezia) e la sua leggenda ci permette di seguire e conoscere il sorgere di un centro cristiano, il formarsi del culto di un Santo e lo svilupparsi di un luogo di pellegrinaggio durante il primo Medioevo cristiano svedese.
Botvido di Hammarby, nato da genitori pagani di agiata condizione, non volendo vivere nell'ozio, si diede al commercio e, pertanto, si recò in Inghilterra, prendendo alloggio presso un pio sacerdote.
Dopo che questi lo ebbe istruito nella religione cristiana e battezzato, Botvido tornò in Svezia, dove cominciò ad esercitare opere di bontà e di misericordia e a convertire i suoi compatrioti. Merita di essere ricordato un episodio riferito dalla leggenda: Botvido si era recato con alcuni amici a pescare in un'isola di proprietà di un pagano, certo Bovinus.
Questi, però, avrebbe permesso alla brigata di gettare le reti solo se gli fosse stato promesso un quarto del pescato e Botvido, non volendo cedere all'imposizione dell'avaro, si recò su un'altra isola dove prese tanto pesce da riempirne due barche. Bovinus rimase così impressionato dell'accaduto, che più tardi, invitato da Botvido, si convertì alla fede cristiana.
Botvido aveva battezzato e affrancato uno schiavo della popolazione dei Vendi e, avendo deciso di mandarlo missionario tra i suoi per diffondervi il Vangelo, volle accompagnarlo per un tratto di strada. Durante il viaggio i due si fermarono per riposare a Ragö, nell'arcipelago del Södermanland; Botvido si addormentò e lo schiavo lo uccise a tradimento con un colpo d'ascia, mettendosi poi in salvo su una nave (1120 ca.).
Björn, fratello di Botvido, non avendo sue notizie, si mise a cercarlo: un uccello bianco, di una specie che nessuno aveva mai visto, si posò sulla prua della sua imbarcazione e la pilotò al luogo dove il corpo del martire giaceva abbandonato.
La leggenda prosegue narrando che una fonte di acqua limpidissima sgorgò dove era corso il sangue di Botvido (particolare, questo, comune a molti altri santi del medioevo svedese) e che una serva, cieca da tempo, riacquistò la vista dopo essersi bagnati gli occhi con l'acqua usata dai familiari per lavare il corpo del martire.
La salma fu portata nella chiesa che era stata costruita, tempo prima, dallo Storman (nome che si dava, allora, in Svezia agli uomini agiati) Hermund, e sulla tomba di Botvido avvennero molti prodigi: guarivano soprattutto i membri delle antiche corporazioni di mestiere che si fossero feriti durante le loro feste.
Nel 1129 Björn fece erigere vicino alla casa paterna una chiesetta in legno, chiamata Botkyrka, che fu dedicata a Botvido e consacrata da Enrico, vescovo dell'Uppland, e da Gerder, vescovo del Södermanland; in essa fu trasportato, con solenne processione, il corpo del martire.
La chiesa fu poi sostituita da una in pietra (tuttora esistente) consacrata e inaugurata nel 1176 dall'arcivescovo di Upsala, Stefano (nel frattempo il vescovato dell'Uppland era stato elevato ad arcivescovato) e dal vescovo di Strängnäs, Guglielmo.
La Chiesa cattolica svedese celebra la festa di Botvido il 28 luglio; il suo nome era stato iscritto anche nel calendario danese.
Botvido è nominato anche nelle «rivelazioni» di santa Brigida, che aveva per lui una speciale devozione: forse per questo, quando, verso la metà del sec. XIX la camera dove era morta la santa (a Roma in piazza Farnese) fu decorata di affreschi, anche la figura di Botvido vi ebbe la sua glorificazione.
Nel Museo Storico di Stato, a Stoccolma, si conserva il Botkyrkamonumentet, blocco di pietra a forma di piccola chiesa, con un rozzo accenno d'abside da una parte, iscrizioni in latino e in antichi caratteri runici e scene del giudizio universale.
Questo interessantissimo esempio di scultura, che presenta insieme elementi antichi nordici, indigeni e cristiani, data dalla fine del sec. XII; il blocco, scolpito probabilmente in ricordo di Björn, doveva essere nella Botkyrka.
In genere Botvido è raffigurato con gli attributi caratteristici della sua leggenda: l'ascia e il pesce.
(Autore: Anna Lisa Sibilia – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Botvido di Svezia, pregate per noi.

*San Cameliano di Troyes - Vescovo (28 luglio)

Martirologio Romano: A Troyes in Francia, San Cameliano, vescovo, che fu discepolo di San Lupo e suo successore.
Secondo una leggenda incontrollabile, Cameliano, succeduto a San Lupo nel 479 e nono vescovo di Troyes, avrebbe fatto parte di una legazione inviata ad Attila: mentre i suoi compagni furono massacrati, egli riuscì a salvarsi e a portare la notizia della loro morte.
Sidonio Apollinare elogia Cameliano, che sarebbe stato presentato al clero da San Lupo stesso come suo successore, per la dolcezza, la gravità e la prudenza dimostrata.
Verso il 486, Santa Genoveffa, che cercava grano per Parigi affamata, si recò a Troyes per raccomandare a Cameliano la sua questua; nel 493 il vescovo accolse a Villery Clodoveo che si recava incontro a Clotilde.
Cameliano accolse anche Sant'Aventino, lo nominò economo della sua Chiesa e poi lo lasciò andare a vivere in solitudine.
Nel 511, partecipò con altri trentuno vescovi al concilio convocato da Clodoveo a Orléans, in cui si sottoscrisse al XXI posto.
Il 28 luglio si celebra la festa di Cameliano, che morì tra il 525 e il 531.
(Autore: Gilbert Bataille – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Cameliano di Troyes, pregate per noi.

*Beata Chiara (Sancia di Maiorca) - Regina di Sicilia (28 luglio)

+ Napoli, 1345
Sancia di Maiorca sposò, nel giugno 1304, Roberto d’Angiò, vedovo di Iolanda d’Aragona, il quale il 5 maggio 1309, alla morte del padre Carlo II, ereditò la corona di Sicilia.
La pia regina edificò a Napoli il convento di Santa Chiara con l’annessa splendida chiesa dove il marito, morto il 19 gennaio 1343, ebbe sepoltura e dove ella ricevette l’abito religioso, abbandonando la condizione regale e assumendo il nome di Chiara.
Morì in concetto di santità nel 1345 e fu sepolta presso l’altare maggiore.
Chiara, pur non godendo di un culto pubblico riconosciuto dalla Chiesa, è considerata Beata dai Francescani e ricordata il 28 luglio nel martirologio dell’Ordine.
(Autore: Giuseppe Morabito – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Chiara, pregate per noi.

*Beato Davide Carlos - Fratello Scolopio, Martire  (28 Luglio)

Schede dei gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli Scolopi" - Senza data (Celebrazioni singole)
"Martiri della Guerra di Spagna" - Senza Data (Celebrazioni singole)

Assarta (Navarra), 29 dicembre 1907 - Peralta de la Sal, 28 luglio 1936
Martirologio Romano:
A Gabasa nel territorio di Saragozza sempre in Spagna, Beati Emanuele Segura, sacerdote, e Davide Carlos, religioso, dell’Ordine dei Chierici regolari delle Scuole Pie, martiri nella stessa persecuzione.
La feroce guerra civile spagnola, che imperversò in due momenti successivi, separati fra loro dal
breve spazio di due anni, nel 1934 con la Rivoluzione delle Asturie (5-14 ottobre) e dal luglio 1936 al 1939; portò in essa per una complessa combinazioni di varie ragioni, oltre che motivi politici, anche un filone di aperta lotta antireligiosa.
A causa di ciò, caddero vittime innocenti, migliaia di ecclesiastici, di tutte le condizioni, vescovi, sacerdoti, suore, seminaristi, religiosi di parecchi Ordini, laici impegnati nell’apostolato cattolico.
Nel 1934 i martiri furono pochi, grazie al duro intervento del Generale Franco, ma specie nel 1936 il numero raggiunse oltre 7000 martiri, fu una vera e propria persecuzione generalizzata, che durò più a lungo, colpendo le zone della Spagna dove si era affermata la Repubblica ad opera di gruppi e partiti estremisti, che agirono con potere autonomo ed arbitrario.
E fra i tanti martiri dei vari Ordini Religiosi, che nulla avevano a che fare con la politica, la Chiesa il 1° ottobre ha beatificato tredici Religiosi Scolopi, come venivano e vengono chiamati, i membri della “Congregazione delle Scuole Pie”, fondata da San Giuseppe Calasanzio nel 1597.
Essi tutti spagnoli, morirono in giorni e luoghi diversi, in quel fatidico anno 1936; ne riportiamo i nomi e per quanto riguarda le loro note biografiche, si rimanda alla scheda propria di ognuno: Padre Dionisio Pamplona, padre Manuel Segura, fratel Davide Carlos, padre Faustino Oteiza, fratel Fiorentino Felipe, padre Enrico Canadell, padre Maties Cardona, padre Francesco Carceller, padre Ignasi Casanovas, padre Carlos Navarro, padre José Ferrer, padre Juan Agramunt, padre Alfredo Parte.
Davide Carlos, fratello scolopio, aveva solo 29 anni quando fu fucilato insieme a padre Emanuel Segura nei pressi della città di Peralta, il 28 luglio 1936.
Era nato ad Assarta (Navarra) il 29 dicembre 1907 in una numerosa famiglia di 12 figli e di buone condizioni economiche, sin da fanciullo dimostrò spiccata tendenza alla vita religiosa; mentre faceva il servizio militare, fece una visita a sua sorella Paola religiosa scolopia e le confidò che pur avendo ormai più di 21 anni, non aveva fatto nulla per Dio.
Dopo un fortuito incontro con un padre scolopio, decise di entrare nella Congregazione fondata da s. Giuseppe Calasanzio; trascorse un periodo di prova ad Estella, vestì l’abito a Peralta de la Sal, dove fece poi il Noviziato sotto la guida di padre Faustino Oteiza, il quale sarà martirizzato qualche giorno dopo di lui.
La felicità della scelta fatta, fu grande e la manifestò in una lettera ai suoi familiari. Giunti i tristi giorni del luglio 1936 ebbe una grande pena nel constatare e assistere allo scempio operato dai miliziani della Chiesa, degli arredi sacri della Casa di Peralta e la distruzione della statua di S. Giuseppe Calasanzio posta nella piazzetta antistante la chiesa.
Accolse il martirio come un particolare dono di Dio, che gli aprì le porte del cielo a cui aveva sempre aspirato con profonda fede.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Davide Carlos, pregate per noi.

*Beato Emanuele Segura - Martire (28 luglio)

Schede dei gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli Scolopi" - Senza data (Celebrazioni singole)
"Martiri della Guerra di Spagna" - Senza Data (Celebrazioni singole)

Almonacid de la Sierra, Spagna, 22 gennaio 1881 - Gabasa, Spagna, 28 luglio 1936

Martirologio Romano: A Gabasa nel territorio di Saragozza sempre in Spagna, Beati Emanuele Segura, sacerdote, e Davide Carlos, religioso, dell’Ordine dei Chierici regolari delle Scuole Pie, martiri nella stessa persecuzione.
Emanuele Segura Lopez nacque ad Almonacid de la Sierra, diocesi e provincia di Saragozza, Spagna, il 22 gennaio 1881, terzo figlio di Johann Franziskus Segura e Franziska López.

Al battesimo il giorno seguente ricevette il nome di Emanuele.
Il 1° novembre 1899 entrò nel noviziato degli Scolopi a Saragozza, e il 18 agosto 1901 emise i voti semplici a Peralta de la Sal.
Concluso il periodo di formazione ed emesso i voti solenni il 1° aprile 1906, fu ordinato sacerdote il 25 aprile 1907.
Adempì poi la sua missione di maestro a Barbastro, Tamarite, Alcalliz, Pamplona e Tarfalla.
Il 4 agosto 1934 fu nominato Maestro dei novizi di Peralta ove il 28 luglio 1936 venne prelevato dalla casa insieme al fratello Davide Carlos e fucilato. Morirono abbracciati, gridando «Viva Cristo Re ». Poi vennero subito bruciati.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Emanuele Segura, pregate per noi.

*Beato Germano Martin Martin - Sacerdote Salesiano, Martire (28 luglio)

Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Salesiani di Madrid e Siviglia”
“Beati 498 Martiri Spagnoli” - Beatificati nel 2007
“Martiri della Guerra di Spagna”
San Cristóbal de Priero, Spagna, 9 febbraio 1899 - Madrid, Spagna, 28 luglio 1936
Germán Martín Martín nacque a San Cristóbal de Priero (Oviedo) il 9 febbraio 1899. Fece la professione religiosa nel 1918 e ricevette l'ordinazione sacerdotale nel 1927.
Si prodigò con generosità e zelo al bene delle anime a La Habana (Cuba), a Bilbao e a Madrid.
Scoppiata la rivoluzione del 1936, cercò un rifugio e continuò con prudenza a esercitare il ministero.
Fu arrestato a Madrid il 30 agosto 1936, e per il solo fatto di essere sacerdote venne fucilato.
Beatificato il 28 ottobre 2007.
(Fonte: www.sdb.org)
Giaculatoria - Beato Germano Martin Martin, pregate per noi.

*San Giacomo Ilario (Emanuele) Barbal Cosàn – Religioso, Martire (28 luglio)

Enviny (Lérida), 2 gennaio 1898 - 18 gennaio 1937
Emblema:
Palma
Martirologio Romano: A Tarragona ancora in Spagna, San Giacomo Ilario (Emanuele) Barbal Cosán, religioso dei Fratelli delle Scuole Cristiane, martire, che, con il dilagare della persecuzione, fu condannato a morte in odio alla Chiesa.
Il nome di battesimo del nostro Beato fu Manuel Barbal, nacque a Enviny (Lérida) il 2 gennaio 1898, da una famiglia molto religiosa, che accolse la scelta che il figlio farà a 18 anni, di entrare nella Comunità Lasalliana, come un dono di Dio.
Si dedicò durante la sua giovane vita all’insegnamento del latino, passa da un Centro all’altro, finché approda al noviziato di Pibrac nell’alta Garonna in Francia, per otto anni, come insegnante dei novizi, ma bisogna dire che una progressiva sordità, porterà al suo insegnamento obiettive difficoltà, nonostante la sua grande preparazione e formazione religiosa, quindi sempre più spesso deve tralasciare le lezioni e dedicarsi alla cura manuale dell’orto della Comunità.
Fratel Jaime Hilario mentre transitava sulla strada di Enviny a Mollerussa, fu arrestato dai miliziani della guerra civile spagnola, che oramai era sconfinata in una caccia feroce a chiunque fosse religioso o sacerdote.
Fu dapprima affidato ad una famiglia in libertà vigilata e poi trasferito al carcere di Lérida nella cella n. 31; portato poi davanti al Comitato di Tarragona fu internato nella nave-carcere “Mahon”, questo avveniva nel dicembre 1936, il giudizio fissato per gennaio 1937.
L’avvocato della difesa gli suggerìsce di dire che era l’ortolano salariato del convento e non un religioso, così sarà certamente risparmiato, ma fratel Jaime rifiuta di dire così e quando viene processato perché era stato insegnante di latino, colpa grave per questi miliziani, egli conferma di non essere l’ortolano come invano diceva l’avvocato, ma un Fratello delle Scuole Cristiane, pertanto viene condannato a morte.
Per evitare un probabile indulto, che infatti arrivò il 18 del mese ad esecuzione avvenuta, ci si affrettò e due giorni dopo la sentenza, appunto il 18 gennaio 1937, viene preso e portato in un boschetto vicino al cimitero e disposto per la fucilazione, con grande meraviglia del plotone d’esecuzione egli aveva una calma serafica e pregava con devozione.
Ben due scariche dei fucili non lo colpirono, i miliziani spaventati fuggirono e allora il loro capo bestemmiando scaricò la sua pistola sulla tempia del martire.
“Non cambierei il mio abito per tutto l’oro del mondo…” questa affermazione di Frate Jaime non è pura letteratura, ma impegno convinto fino alla morte di essere un religioso chiamato da Dio.
Beatificato da papa Giovanni Paolo II il 29 Aprile 1990 e canonizzato il 21 novembre 1999.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giacomo Ilario Barbal Cosàn, pregate per noi.

*Beati Giuseppe Caselles Moncho e Giuseppe Castell Camps - Sacerdoti Salesiani e Martiri (28 luglio)
+ Barcellona, Spagna, 27/28 luglio 1936
Martirologio Romano:
A Barcellona sempre in Spagna, Beati Giuseppe Caselles Moncho e Giuseppe Castell Camps, sacerdoti della Società Salesiana e martiri, che nella medesima persecuzione contro la fede meritarono con il loro martirio la gloria della vita eterna.
José Caselles Moncho
Benidoleig, Spagna, 8 agosto 1907 – Barcellona, Spagna, 27 luglio 1936. Nato a Benidoleig (Alicante) l'8 agosto 1907.
Studiò nel Collegio salesiano di Valenza, andò presto all'aspirandato di Campello (Alicante), dove poi fece la sua professione religiosa nel 1927.
Passò a Sarria (Barcellona),dove fu sempre ricordato come un giovane gentile e servizievole.
Studiò la teologia a Carabanchel (Madrid) e fu ordinato sacerdote a Valenza nel 1936. Durante l'estate si trovava nella casa del Tibidabo.
Scoppiata la guerra civile, si adoperò con tutti i mezzi per assicurare un rifugio a tutti i ragazzi che vi abitavano, senza preoccuparsi di se stesso.
Fu detenuto, torturato in una delle carceri di Barcellona e ucciso il 27 luglio.
José Castell Camps
Ciudadela, Isola di Minorca, Spagna, 12 ottobre 1902 – Barcellona, Spagna, 28 luglio 1936.
Nacque a Ciudadela (Menorca) il 12 ottobre I092, dove conobbe i salesiani.Passò poi a Campello (Alicante) e Carabanchel (Madrid) per i suoi studi salesiani.
La sua professione religiosa avvenne nel 19I 8, la sua ordinazione sacerdotale nel 1927.
Nel 1933 fu destinato alla casa del Tibidabo.
Nel mese di luglio del 1936 ne vide ardere il tempio, da un bosco lì vicino, e scese a Barcellona per cercare rifugio.
Il 28 luglio fu preso da una pattuglia di miliziani, interrogato davanti ad un altro salesiano e infine ucciso quella stessa notte in una delle carceri di Barcellona.
(Fonte: www.sdb.org)
Giaculatoria - Beati Giuseppe Caselles Moncho e Giuseppe Castell Camps, pregate per noi.

*Beato Giuseppe Gorastazu Labayen - Padre di famiglia, Martire (28 luglio)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 522 Martiri Spagnoli"  Beatificati nel 2013 - Senza data (Celebrazioni singole)
"Martiri della Guerra di Spagna" Senza Data (Celebrazioni singole)

Beatificato il 13 ottobre 2013.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giuseppe Gorastazu Labayen, pregate per noi.

*Beato Josè Camì Camì - Sacerdote. Postulante Trappistqa, Martire (28 luglio)
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli Cistercensi della Stretta Osservanza (Trappisti) e di San Bernardo" - Senza data (Celebrazioni singole)
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" - Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)

Aitona, Spagna, 5 settembre 1907 - 28 luglio 1936

Josè Camì Camì era un sacerdote di ventinove anni, che desiderava entrare a Viaceli, dove era già stato accettato.
Allo scoppio della guerra si trovava nel suo paese di Aytona, per salutare i familiari prima dell'ingresso in monastero.
Bloccato a causa delle ostilità, fu convocato davanti al comitato del popolo, ma fu poi rilasciato. Nella notte del 27 luglio 1936 fu cercato di nuovo: volevano "il prete".
Fu legato con il vice-parroco di Aytona dietro ad un'auto, che partì a tutta velocità, trascinando i due sacerdoti per diversi chilometri.
Giunti a un crocevia, i due ebbero ancora la forza di alzarsi, abbracciarsi e perdonare agli assassini.
Furono finiti a fucilate e schiacciati dalle ruote della macchina che passò diverse volte sui loro corpi.
Un testimone oculare riferì i dettagli dell'uccisione alla sorella di José.
La beatificazione è avvenuta il 3 ottobre 2015.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Josè Camì Camì, pregate per noi.

*San Josè Melchor Garcia - Sampedro Suàrez - Vescovo e Martiri Domenicani (28 Luglio)

Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Santi Martiri Vietnamiti” (Andrea Dung Lac e 116 compagni)

Martirologio Romano: Nella città di Nam Định nel Tonchino, ora Viet Nam, San Melchiorre García Sanpedro, vescovo dell’Ordine dei Predicatori e martire, che, messo per Cristo sotto strettissima prigionia, fu fatto a pezzi per ordine dell’imperatore Tự Đức.
E' uno dei venticinque martiri uccisi nel Tonchino Centrale (Vietnam) durante la persecuzione scatenata contro i cristiani dal re Tu-Dùc (+1883) e beatificati da Pio XII il 29 aprile 1951. Melchiorre nacque a Cortes, villaggio della parrocchia di Santo Stefano di Cienfuegos, nella provincia di Oviedo, capitale delle Asturie (Spagna), da nobili, ma poveri genitori il 29 aprile 1821. Costoro erano tanto attaccati alle pratiche religiose da non permettere a nessuno dei familiari di andare a dormire senza che avessero prima recitato il Rosario.
Quando crebbe in età il santo fu felice d'intonarlo lui, di celebrare a suo modo la Messa alla presenza dei coetanei e di porgere ai poveri l'elemosina avuta per loro dai genitori.
A dodici anni Sampedro manifestò il desiderio di farsi sacerdote.
Frequentò con sacrificio il ginnasio a Bàrzana, distante tre chilometri da Arrojo, località del distretto di Quirós, dove i genitori avevano stabilito la loro dimora.
In seguito andò a studiare filosofia e teologia all'università di Oviedo (1835). Nei primi due anni, pur alloggiando in una misera pensione e dando ripetizioni private, non aveva denari a sufficienza per comperare i libri di testo. Doveva farseli imprestare dai compagni più generosi. La sua condizione migliorò quando fu nominato precettore del Collegio di San Giuseppe (1842) per l'esemplarità di vita. I suoi condiscepoli dicevano che era "un uomo di orazione".
Difatti si confessava tutte le settimane, faceva con frequenza la comunione, tutti i giorni prendeva parte alla Messa e recitava il rosario in ginocchio. Passava ore intere in adorazione davanti al SS. Sacramento o in preghiera davanti all'altare della Madonna.
Il santo non fu mai visto adirato con nessuno. Per le sue belle qualità e per il suo tratto gentile si cattivava la stima e l'affetto di tutti. Amante del silenzio, era piuttosto taciturno e poco espansivo. Quando lasciò il collegio di San Giuseppe per farsi domenicano, fu rimpianto perché "modesto, grave e nello stesso tempo affabile, studioso, devoto".
Al padre, che lo rimproverava dell'abbandono della famiglia, rispose: "Io devo lavorare la parte della vigna che il Signore mi destina", tant'era convinto della volontà di Dio nei suoi riguardi. Egli anelava alle missioni per la probabilità del martirio.
Nel collegio di San Giuseppe, salendo un giorno le scale, non aveva detto ad un suo amico: "Quando avrò la fortuna di salire i gradini di un patibolo e morire per la fede in Cristo"?
I genitori, che avevano contratto dei debiti per sottrarre il figlio al servizio militare, speravano nella sua resipiscenza.
E veramente era già stato proposto come sostituto per la cattedra di logica nell'Università, e una illustre famiglia si era offerta a ottenergli un benefizio di patronato laico nello stesso distretto di Quirós, ma il santo non si lasciò smuovere né da simili lusinghe, né dalle lacrime della madre, né dalle minacce del padre.
Persino alcuni zelanti sacerdoti lo biasimarono della decisione presa, ma egli, rassicurato dal proprio direttore spirituale, propose di partire per il convento domenicano di Ocana a costo di qualsiasi opposizione.
Prima di dare l'addio al mondo Melchiorre si recò in pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora di Alba. Al momento di separarsi dai familiari il padre gli disse: "Perché ci abbandoni? Non puoi lavorare anche qui nella vigna del Signore?". "È vero - gli ripose il figlio - dovunque si può servire il Signore, ma io devo rispondere al suo appello che mi chiama a lavorare una parte speciale della sua vigna".
Rivestì l'abito dei Frati Predicatori nel 1845 a Ocana. Agli occhi del suo maestro di noviziato egli apparve come "un angelo" perché "quantunque fosse entrato in religione dopo che aveva già compiuto gli studi superiori, era mortificato, ubbidiente e sottomesso come se fosse stato educato nel chiostro fin dalla sua fanciullezza". Fu perciò ammesso alla professione solenne senza difficoltà nel 1846 e all'ordinazione sacerdotale l'anno successivo.
Nel 1848 il santo fu mandato nelle Filippine con quattro confratelli, ma quando giunse a Manila ebbe
la dolorosa sorpresa di vedersi destinato dai superiori a insegnare filosofia nell'università di San Tommaso.
Avrebbe dunque dovuto rinunziare alle sue aspirazioni all'apostolato e al martirio? Ne parlò al consiglio di Provincia il quale accolse il suo desiderio di andare a predicare il Vangelo nel Tonchino Orientale sotto la guida del Vicario Apostolico, Mons. Girolamo Hermosilla (+ 1 novembre 1861), futuro martire insieme con Mons. Valentino Berrio-Ochoa, il P. Pietro Almató e il catechista Giuseppe Khang.
Benché non avesse che vent'otto anni e godesse di buona salute, dovette incontrare serie difficoltà nello studio del tonchinese per la mancanza di memoria. Poco tempo dopo il suo arrivo a Doung-Xuyèn fu decretata l'erezione del Vicariato Apostolico del Tonchino Centrale alle dipendenze di Mons. Domenico Marti, al quale fu dato come coadiutore, con diritto di successione, il B. Giuseppe Diaz Sanjurjo (+ 20 luglio 1857), allora rettore del seminario indigeno di Cao-Xà.
A prenderne il posto fu chiamato P. Sampedro il quale diede splendida prova delle sue qualità. Il suo direttore spirituale, Mons. Ilario Alcàzar, coadiutore di Mons. Hermosilla, nell'inviare alla Congregazione di Propaganda Fide la relazione del martirio di lui, ne mise in risalto il grande amore alla mortificazione e alla preghiera.
Ai lunghi digiuni prescritti dalla regola, egli ne aggiungeva degli altri con sanguinose flagellazioni fino a tanto che il confessore glieli limitò per riguardo alla salute. Nonostante il gran caldo che faceva nel Tonchino portava il cilicio e usava sempre indumenti di lana. Benché soffrisse abitualmente d'insonnia, concedeva pochissimo tempo al riposo per attendere alla predicazione del Vangelo, alle confessioni e alla preghiera. Tutti i giorni recitava il rosario intero. Eppure, nella sua umiltà, si professava un miserabile peccatore e si meravigliava che Dio non lo castigasse per le sue ingratitudini.
I superiori nel 1852 dessero P. Sampedro Vicario Provinciale. Nel tempo che occupò questa carica egli fece stampare libri e opuscoli da diffondere anche tra gli infedeli. Si deve a questo suo zelo la conversione di un villaggio composto da cinquecento persone, che sorgeva vicino a Cao-Xà, e la predicazione della fede in altri tre o quattro villaggi circonvicini. Nell'ultimo anno di vita ebbe vomiti di sangue, dovuti forse allo sforzo fatto nella proclamazione della parola di Dio.
Per la difficoltà di provvedere al bene spirituale dei fedeli del Tonchino Centrale e per l'incombente persecuzione del re Tu-Dùc, Mons. Sanjurjo ottenne da Pio IX la facoltà di eleggersi un coadiutore, con diritto di successione.
La sua scelta cadde sopra il P. Sampedro (1855), che ordinò vescovo a Bùi-Chu alla presenza di una moltitudine di fedeli e di autorità civili e religiose. Per oltre due anni il neo-eletto potè visitare le cristianità ed esercitare il ministero di notte perché era stato promesso un premio vistoso a chi lo avesse fatto imprigionare. La persecuzione per alcuni anni si susseguì tra bonaccia e tormenta finché nel 1857 si fece implacabile e continuò senza interruzione fino al 1862.
Durante i periodi di calma i cristiani vivevano con un certo sollievo, i sacerdoti lavoravano con sufficiente libertà, ma i missionari europei dovevano essere cauti se non volevano cadere nelle mani dei mandarini. A chi ne scopriva uno venivano regalate 300 once d'argento.
Quando Mons. Sanjurjo cadde nelle mani dei persecutori (1857), Mons. Sampedro mandò un messo al Procuratore della Missione in Cina perché informasse gli ambasciatori della Francia e della Spagna sulle precarie condizioni dei cattolici nel Tonchino, e li supplicasse di adoperarsi perché la pace vi fosse ristabilita.
In realtà furono inviate delle navi francesi e spagnuole nelle acque del Tonchino, ma quando vi giunsero Mons. Sanjurjo era già morto. Alla loro vista i mandarini s'inferocirono ancora di più, e ordinarono che fossero abbattute le chiese e le case dei missionari.
Prevedendo prossima la propria fine, Mons. Sampedro ottenne da Pio IX la facoltà di eleggersi un Coadiutore, con diritto di successione, nella persona di P. Valentino Berrio-Ochoa, giunto da tre mesi nella missione. Lo ordinò vescovo nel 1858 non in chiesa, ma nella casa di un buon cristiano. Meno di un mese dopo il Santo fu fatto prigioniero a Kièn-Lao, nella notte tra il 7 e l'8 luglio 1858, mentre fuggiva per fiumi e per campi.
Bramava tanto la gloria del martirio che si sarebbe consegnato spontaneamente nelle mani dei mandarini se il suo coadiutore non lo avesse dissuaso.
A motivo dell'irremovibile fermezza nel professare la fede cattolica, e per averla predicata tra il popolo per 9 anni, fu condannato a morte. Il mandarino generale ordinò che, prima della decapitazione, all'imputato fossero tagliate le gambe e le braccia perché era accusato pure di avere chiamato una nave straniera e di essere stato il capo dei ribelli al re.
Il 28 luglio 1858 Mons. Sampedro fu condotto al luogo del martirio legato con una grossa catena e scortato da una ventina di carnefici che tenevano in mano la spada sguainata. Il santo vi si recò sereno, recitando il breviario, si lasciò spogliare e legare mani e piedi ai pali solidamente conficcati nel terreno in maniera da avere il corpo ben teso. L'ordine dell'esecuzione capitale fu dato dal mandarino dall'alto di un elefante.
Il martire invocò continuamente il nome di Gesù mentre il carnefice gli amputava gli arti con un'ascia senza taglio. Difatti ci vollero ben 12 colpi per troncargli una gamba e 15 per mozzargli la testa.
Gli arti del giustiziato ed il suo tronco, privo di viscere, furono gettati in una fossa che fu ricoperta di terra e fatta calpestare da un elefante.
La testa, dopo essere stata esposta per due giorni alla porta meridionale della città, fu frantumata e gettata nel mare.
Le reliquie del santo sono venerate nella cattedrale di Oviedo (Spagna). Giovanni Paolo II lo canonizzò il 19 giugno 1988 con altri 116 martiri del Vietnam.

(Autore: Guido Pettinati - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*Santi Martiri della Tebaide d'Egitto (28 Luglio)

Martirologio Romano: Commemorazione di molti martiri che nella Tebaide in Egitto patirono durante la persecuzione degli imperatori Decio e Valeriano, quando i nemici con astuzia cercavano di escogitare per i cristiani, pur desiderosi di morire di spada per il nome di Cristo, supplizi che ne ritardassero la morte, mirando a trucidare le loro anime ancor più dei loro corpi.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

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*Santi Nazario e Celso - Martiri (28 Luglio)

Paolino, biografo di Sant’Ambrogio riferisce che il vescovo di Milano ebbe un’ispirazione che lo guidò sulla tomba sconosciuta di due martiri negli orti fuori città.
Erano Nazario e Celso.
Il corpo del primo era intatto e fu trasportato in una chiesa davanti a Porta Romana, dove sorse una basilica a suo nome. Sulle reliquie di Celso, le ossa, sorse una nuova basilica. Nazario aveva predicato in Italia, a Treviri e in Gallia.
Qui battezzò Celso che aveva nove anni. Furono martirizzati a Milano nel 304, durante la persecuzione di Diocleziano. (Avvenire)

Etimologia: Nazario = consacrato a Dio, dall'ebraico Celso = alto, elevato, eccelso.
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Milano, Santi Nazario e Celso, martiri, i cui corpi furono rinvenuti da Sant’Ambrogio.
"… San Nazaro cittadino Romano, discepolo di S. Pietro fu battezzato da S. Lino non ancora Papa, incontro per questo, la disgrazia del di lui padre, di religione Ebreo, e dell’imperatore Nerone persecutore dei Cristiani, per esimersi dalla malignità dell’uno e dell’altro, usci Nazaro da Roma, e, predicando Gesù Cristo, traversate alcune città lombarde, entrò in Piacenza, portandosi indi a Milano: ivi trovò, per fede carcerati i Santi fratelli Gervasio e Protasio, ed amorosamente confortatili, li animò a soffrire coraggiosamente il martirio.
Di questo fatto informato il Prefetto Romano, condannò Nazaro alla frusta e all’esilio. Volse allora Nazaro alla Francia seguitando a predicare in ogni luogo la fede in Gesù Cristo.
Arrivato in Francia, da una cospicua Matrona gli fu presentato un assai grazioso fanciullo di nove anni.
E fu pregato a volerlo avviare nella legge e religione da lui predicata. Con lieta cortesia accettò Nazaro il presentato infante, e dopo la conveniente istruzione, lo battezzò imponendogli il nome di Celso.
E trovata angelica la indole del suo allievo, lo dichiarò compagno del suo apostolato, sebbene ancora non fosse uscito da puerizia.
Non furono li Santi senza incontri in quella città.
Infieriva in quel tempo in Roma e nelle province dell’impero, la dichiarata persecuzione di Nerone ed i Ss. Nazaro e Celso, stretti di catene il collo, furono imprigionati.
Atterrita da tristo sogno, la moglie di Prefetto romano, ne ottenne la liberazione. Simile avventura provarono in Treviri dove molto fruttuosa riusciva la loro predicazione. Gran numero di quelli cittadini ricevevano il Battesimo, per tale motivo irritato quel prefetto fece arrestare li due Santi. Imprigionò Nazaro e consegno Celso ad una donna pagana, acciò lo conducesse all’idolatria; ma non riuscì essa all’intento. Non si mosse Celso per carezze, né per schiaffi, né per sferzate dal santo proposito.
Invocando Gesù Cristo, mai cessò da piangere fin che fu riunito a Nazaro suo maestro. Nazaro intanto fu indarno tentato a rinunciare alla religione cristiana dal quel prefetto; ma perché cittadino Romano non fu tormentato nella persona, stretto in catene, fu con il suo allievo spedito a Nerone a Roma.
Ivi, come era successo in Treviri, Celso fu separato dal suo maestro e tentato di rinunziare a Gesù Cristo restò sempre fermo nella fede, e con animo virile sopportò ogni tormento e minacciò al prefetto: "Dio a cui servo ti giudicherà" né mai poté acquietarsi privo del suo maestro.
Per comando di Nerone fu Nazaro strascinato nel tempio di Giove con la intenzione di sacrificare a quel falso nume sotto pena di morte. Non si sgomentò per questo, entrato egli nel tempio caddero tosto a terra infranti quegli idoli tutti. Si vide Nazaro tutto splendente di luce celeste e comparve vero apostolo di Gesù Cristo. Conosciuta Nerone la ferma risoluzione delli Santi ordinò che fossero ambidue gittati in mare.
Scortati perciò a Civitavecchia, rinchiusi furono in una appostata barca ed avviata questa in alto, li nostri Santi furono sommersi in mare. Non erano ancora in allora compiuti i disegni di Dio, a questi la Divina Provvidenza, (a noi genovesi mai sempre propizia, e benefica) li riservava, fu quindi risparmiata la corona del martirio tanto desiderata.
Una subita tempesta di mare minacciava di assorbire la barca colla quale erano stati precipitati i Santi, mentre essi andavano a piedi asciutti passeggiando sulle onde del mare in placida calma.
Spaventati del temuto naufragio li marinari esecutori del tirrenico decreto di Nerone, ed illuminati dalla prodigiosa situazione dei Santi conobbero il loro fallo risolvettero di riceverli di nuovo in barca e dopo breve preghiera delli medesimi videro il mare in subita bonaccia.
Da tali prodigi persuasi quei marinari della santità delle persone da loro oltraggiate, e della religione
da essi predicata, chiesero ed ottengo dai Santi istruzione e Battesimo.
Dopo tali avvenimenti quei novelli cristiani non si azzardavano ritornare a Nerone, e pieni della speranza in Dio, confortati della compagnia dei Santi abbandonarono le vele alla direzione della Provvidenza. Prosperamente navigando entrato nel nostro mare il fortunato naviglio volse la prora verso Genova città allora libera e alleata col Romano Impero. Distanti ancora da quelle mura 600 incirca passi videro sopra una delle colline di Albaro un tempio e una torre con intorno un’area circondata da macerie.
Qui per ispirazione divina approdarono i Santi ed atterrati gli idoli che ritrovarono in quel tempio, consacrato alla falsa deità delli loro morti, cominciarono a predicare la fede in Gesù Cristo con felice riuscimento e senza veruno incontro, battezzarono quanti si convertirono; vi celebrarono il Divino Sacrificio e diedero così ad Albaro il vanto di essere la prima terra, non solo del Genovesato, ma di tutta la Italia, dove si è palesemente predicata e ricevuta la fede di Cristo, e dove è stata celebrata la prima Messa quietamente.
Da Albao passarono a predicare in Genova, dove in pochi giorni videro ricevuta e radicata la santa nostra religione, che per grazia particolare dell’Altissimo da poco meno di secoli diciotto conserviamo purissima, mai turbata dalla eresia, né mai amareggiata per sangue sparso da’ martiri della nostra terra.
Compiuto con tanta felicità e frutto il loro apostolato in Genova, passarono i nostri Santi a Milano, premuroso Nazaro delli sovra lodati Gervasio e Protasio ivi tutt’ora in catene, di vieppiù fortificarli a soffrire per la fede di Gesù Cristo. Reggeva in allora quella Provincia a nome del crudele Nerone, il crudelissimo Antolino nella qualità di Prefetto.
Inteso questo dell’operare dei Santi (che mai cessarono di predicare Gesù Cristo) li fece imprigionare, e trovati inutili quanti seppe trovare, li tentativi, e tormenti, li condannò l’uno e l’altro ad essere decapitati.
Fregente e glorioso retaggio dell’Apostolato; e fuori della porta Romana fu eseguita l’empia condanna nel luogo allora detto "le tre muraglie" nell’anno di nostra salute 76. … Informati del glorioso martirio delli suddetti loro Santi Apostoli seguito in Milano, sul terminare del primo secolo, memori de’ benefici da loro ricevuti eressero a loro nome un tempio in distanza dalla prememorata torre di passi circa 60, luogo dove approdato avevano li Santi".

(Fonte: Sito Convento e Parrocchia San Francesco d'Albaro – Genova)
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*San Pedro Poveda Castroverde - Fondatore, Martire (28 Luglio)

Linares (Jaén, Spagna), 3 dicembre 1874 - Madrid, 28 luglio 1936
Presbitero e martire, fondatore dell'Istituzione Teresiana.
Nato a Linares (Jaén) nel 1874, fu ordinato sacerdote nel 1897.
Lavorò sempre a progetti di formazione diretti a professori cristiani laici, per evangelizzare il mondo dell'educazione e della cultura.
Fondò accademie e centri pedagogici, origine dell'Istituzione Teresiana (fondata nel 1911).
Morì martire nel 1936, venne beatificato nel 1993 e canonizzato il 4 maggio 2003.

Martirologio Romano: A Madrid in Spagna, San Pietro Poveda Castroverde, sacerdote e martire, che per la diffusione dei valori cristiani fondò l’Istituto Teresiano e, all’inizio della persecuzione contro la Chiesa, fu ucciso in odio alla fede, offrendo a Dio una luminosa testimonianza.
È uno dei cinque Beati spagnoli, che sono stati proclamati Santi da Papa Giovanni Paolo II nel suo quinto viaggio in terra di Spagna, il 4 maggio 2003, davanti ad una folla di circa un milione di fedeli, radunati nella Plaza de Colón a Madrid.
Pedro Poveda Castroverde, nacque a Linares (Jaén, Spagna) il 3 dicembre 1874 e trascorse in questa città mineraria ed industriale, i suoi primi anni di vita ed i suoi primi studi.
Fin da bambino sentì la vocazione per il servizio sacerdotale e quindi nel 1889 a 15 anni entrò nel seminario di Jaén, dove proseguì gli studi; nel 1892 conseguì il diploma di scuola superiore, due anni dopo si trasferì nel seminario di Guadix (Granada) dove ottenne una borsa di studio, ricevé gli Ordini Minori, venendo ordinato sacerdote il 7 aprile 1897.
Pur proseguendo gli studi per conseguire le lauree in teologia e di professore, ottenute nel 1900, espletò vari incarichi nella Curia della diocesi di Guadix e nel seminario.
In campo pastorale, nel 1902 si dedicò all’assistenza di quanti vivevano nelle grotte che circondavano la città, impegnandosi a migliorare quell’ambiente arretrato, intellettualmente, economicamente e
socialmente; costruì per loro, scuole per bambini e bambine, istituendo le lezioni serali e laboratori per gli adulti.
Nel 1906 venne nominato canonico della basilica di Covadonga, dove si occupò della formazione cristiana dei pellegrini, cominciando nello stesso tempo ad interessarsi, approfondire e scrivere le sue prime opere sul problema sociale esistente in Spagna, ma anche nella Chiesa ed in tutto il mondo, presentandole in termini pedagogici.
Cercò di dare a quanti si interessavano di questi problemi, dei programmi concreti, analizzandoli profondamente, per questo scopo scrisse e pubblicò varie opere pedagogiche e sociali, tutte edite negli anni dal 1911 al 1913.
Progettò di coordinare gli educatori cattolici, in particolare gl’insegnanti statali, dotandoli di mezzi e ausili complementari di formazione umana, cristiana e professionale e quindi dal 1911, con alcune giovani collaboratrici, iniziò la fondazione di accademie e centri pedagogici, scuole modello e pubblicazioni.
In un mondo contemporaneo, scientifico e secolarizzato, padre Pedro Poveda cercò nuovi modi di capire l’uomo e la società, con un programma basato sul binomio fede-scienza, permeato sui valori profondamente cristiani e umani, al passo con i tempi e rivolto verso le novità e le possibilità future.
Con questi intenti e attività, costituì l’Opera dell’’Istituzione Teresiana’, a cui dedicò gran parte della sua vita, anche se dal 1913 fu nominato canonico della cattedrale di Jaén, città dove visse fino al 1921; in questa sede ebbe una molteplicità di incarichi, direzioni, guide spirituali, che è troppo lungo elencare.
Nel 1921 si trasferì a Madrid, dedicandosi all’approvazione pontificia della sua “Istituzione Teresiana”, che giunse nel 1924 da parte di papa Pio XI; opera complessa per membri, associazioni e attività, di cui continuò ad animarne la vita.
Per il mondo universitario, creò residenze e la Lega Femminile di Orientamento e Cultura; partecipò come cofondatore o membro a varie Accademie, tutte dedite alla pedagogia; organizzò i giovani dell’Azione Cattolica, fu membro della Commissione centrale contro l’analfabetismo; aiutò nella Fraternità del Rifugio, i mendicanti e gli ammalati che vagabondavano per le strade di Madrid.
Pur in tanta complessità di compiti ed attività, padre Pedro Poveda rimase un uomo semplice, senza ostentazioni, coerente nella vita e tutto donato a Dio ed ai fratelli, sacerdote prudente e audace, pacifico e aperto al dialogo, servì la Chiesa e soffrì per essa.
Convinto della funzione sociale dell’educazione, fu maestro di preghiera e pedagogo della vita cristiana, concludendo la sua esistenza con la corona del martirio; infatti egli fu una delle prime vittime della persecuzione religiosa che si scatenò in Spagna, nell’ambito della Guerra Civile durata dal 1936 al 1939.
Fu ucciso a Madrid il 28 luglio 1936 a 61 anni, dichiarandosi davanti ai suoi assassini: “Sono sacerdote di Cristo”. L’Unesco ha incluso il suo nome, come umanista e pedagogo, fra le personalità illustri nel campo dell’educazione, della scienza e della cultura, che hanno influito profondamente nello sviluppo della società umana e della cultura mondiale.
Fu beatificato dalla stesso Papa Giovanni Paolo II il 10 ottobre 1993; ricorrenza religiosa il 28 luglio.  

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*Santi Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas e Nicola - Diaconi (28 Luglio)
I secolo
Martirologio Romano:
Commemorazione dei Santi Prócoro, Nicánore, Timone, Pármenas e Nicola proselito di Antiochia, che furono tra i sette, pieni di Spirito e di sapienza, scelti dalla moltitudine dei discepoli e ai quali gli Apostoli imposero le mani per svolgere il ministero a servizio dei bisognosi.
Sette uomini furono scelti dai dodici Apostoli per svolgere il “servizio delle mense”, affinché non tutti i discepoli dovessero disperdere tempo prezioso trascurando così la predicazione della Parola di Dio e la preghiera.
La proposta fu accettata e vennero eletti, come elenca il libro biblico degli Atti degli Apostoli, “Stefano uomo pieno di fede e Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas, Nicola di Antiochia”.
Gli Apostoli imposero loro le mani e la Chiesa vide poi in questo atto l’istituzione del ministero
diaconale.
Gli Atti degli Apostoli non forniscono però alcuna informazione sulla particolare missione affidata a ciascuno di essi, se non che Stefano fu il primo martire della cristianità, oggi festeggiato al 26 dicembre.
Il diacono Filippo è anch’egli ricordato singolarmente, ma all’11 ottobre.
In data 28 luglio, l’ultima edizione del Martyrologium Romanum riporta i restanti cinque Santi diaconi: Nicanore, Parmena, Procoro, Timone e Nicola.
La loro memoria è stata tramandata grazie alla citazione nei sinassari bizantini ed il Cardinal Cesare Baronio decise di importarla nel calendario cattolico.
In realtà alcuna tradizione era legata al loro ricordo, ma secondo alcuni anch’essi sarebbero morti martiri insieme a Stefano e ad una moltitudine di altri compagni.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*Beato Ramón Emiliano Hortelano Gómez - Martire (28 Luglio)  

Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 522 Martiri Spagnoli"  
"Beatificati nel 2013" - Senza data (Celebrazioni singole)
"Martiri della Guerra di Spagna" - Senza Data
(Celebrazioni singole)
Cuenca, Spagna, 8 agosto 1908 - Villalba de la Sierra, Spagna, 28 luglio 1938
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*Beato Sabino Hernandez Laso - Sacerdote Salesiano, Martire (28 Luglio)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Salesiani di Madrid e Siviglia”
“Beati 498 Martiri Spagnoli Beatificati nel 2007”
“Martiri della Guerra di Spagna”
Villamor de los Escuderos, Spagna, 1 dicembre 1886 - Madrid, Spagna, 28 luglio 1936
Sabino Hernández Laso nacque a Villamor de los Escuderos (Zamora) l' 11 dicembre 1886.
Fece il Noviziato a Carabanchel Alto (Madrid) ed emise i voti perpetui a Campelio presso Alicante il 6 gennaio 1914.
Il 23 dicembre 1916 ricevette l'ordinazione sacerdotale.
Fu sacerdote pio, osservante, colto.
Il 19 luglio 1936 venne arrestato a Madrid e maltrattato.
Rimesso in libertà, si rifugiò in una pensione; ma il 28 luglio alcuni miliziani vi fecero irruzione e, avendolo riconosciuto come sacerdote, lo condussero alla fucilazione.
Beatificato il 28 ottobre 2007.

(Fonte: WWW.Sdb.org)
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*San Sansone - Abate e Vescovo di Dol (28 Luglio)
Galles, 485 ca. – Dol, Bretagna, Francia, 565
Sansone nacque verso il 485 nel Galles. Il santo abate Iltud († 540) lo accolse nella sua scuola di Llanilltud Fawr in Galles, insieme a Gildas il Saggio.
Fu ordinato prete dal vescovo Dubricio; desideroso di maggiore nascondimento, lasciò il monastero di sant'Iltud e si ritirò in quello dell'abate Pirone nell'isola di Caldey nella Manica, qui rivestì la carica di economo e poi di abate, ma non per molto; degli irlandesi di passaggio lo convinsero a tornare nella sua terra, il Galles.
Venne ordinato vescovo nel 522 da Dubricio. Passando poi in vari monasteri operò miracoli e convertì dei pagani ancora legati all'idolatria, sulla costa del Galles.
Imbarcatosi per una nuova fondazione sull'attuale costa francese, approdò all'imboccatura del Guyoult, dove guarì la moglie e la figlia di un possidente di nome Privatus, che gli donò un terreno per la fondazione di un monastero a Dol.
Da qui i monaci si diffusero in tutti i territori della costa dell'antica Armorica. Evangelizzò anche la Normandia, fondandovi il monastero di Pental. Partecipò al II Concilio di Parigi, tenuto sotto Cariberto I (562-567); il re di Cornovaglia Juwal gli concesse per il suo monastero di Dol le Isole Normanne. Si spense a Dol nel 565. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Dol in Bretagna, San Sansone, abate e vescovo, che propagò in questa regione il Vangelo e la disciplina monastica, che aveva appreso in Galles dall’abate Sant’Iltudo.
La vita di questo antico santo vescovo celtico, s’intreccia in modo rilevante con la storia della Britannia (nome latino della Gran Bretagna) e della Bretagna francese; visse nei primi tempi della
diffusione del cristianesimo e fu l’evangelizzatore degli idolatri Bretoni.
La sua ‘Vita’ fu scritta, caso eccezionale per quei lontani e oscuri tempi, 50 o 60 anni dopo la sua morte, quindi molto vicino alla conoscenza reale dei fatti.
Sansone nacque verso il 485 nel Galles e lo scrittore sconosciuto della sua ‘Vita’, lo accosta da subito al suo celebre omonimo, il Sansone biblico, raccontando episodi comuni.
Un angelo e un dotto chierico intervengono a svelare il prodigioso avvenire di questo fanciullo, nato da genitori di età avanzata e sterili, ma che dopo di lui avranno altri sei figli.
Il Santo abate Iltud († 540) lo accolse nella sua scuola di Llanilltud Fawr in Galles (l’antica Cambria), insieme a Gildas il Saggio e vedendo il fanciullo esclamò: “Ecco colui che diventerà vescovo, per il bene di molti uomini della sua terra e che abitano al di là del mare; ecco il grande vescovo dei Bretoni; ecco il più grande fondatore di chiese dopo gli Apostoli”.
Episodi leggendari accompagnarono il suo vivere, la sua capacità di apprendere era stupefacente, in un giorno imparò l’alfabeto e un mese bastò per il latino; innamorato dello spirito di penitenza, per riposare gli bastava appoggiare la testa al muro, bevve un potente veleno senza riceverne danni.
Fu ordinato prete dal vescovo Dubricio e come quando fu ordinato diacono, anche questa volta una colomba si poggiò sulla sua spalla; desideroso di maggiore nascondimento, lasciò il monastero di Sant' Iltud, dov’era troppo stimato e si ritirò in quello dell’abate Pirone nell’isola di Caldey nella Manica, qui rivestì la carica di economo e poi di abate, ma non per molto; degli irlandesi di passaggio lo convinsero a tornare nella sua terra, il Galles.
Nel suo paese natale, fece visita al padre gravemente ammalato e l’occasione gli diede la possibilità di convertire tutta la famiglia ad una vita più perfetta, mentre lui si fermò nella solitudine della zona del fiume Severn.
Un’apparizione dei Ss. Pietro, Giovanni e Giacomo, gli preannunciò che sarebbe diventato vescovo, la consacrazione avvenne nel 522 da parte di Dubricio e questa volta oltre la colomba poggiatosi sulla spalla, si aggiunse un alone di fuoco intorno al suo capo.
In seguito, molto spesso il vescovo Sansone, avrà la visione di angeli che attorniavano l’altare dove stava celebrando la Messa; e ancora un angelo l’avverte che deve prepararsi ad attraversare il mare. Sansone si recò a salutare i monaci nei vari monasteri, operando nel contempo alcuni miracoli e convertendo dei pagani ancora legati all’idolatria, sulla costa del Galles.
Imbarcatosi con tutto il materiale necessario compreso dei cavalli, per una nuova fondazione sull’attuale costa francese, approdò all’imboccatura del Guyoult, appena arrivato guarì prodigiosamente la moglie e la figlia di un possidente di nome Privatus, il quale gli donò un terreno per la fondazione di un monastero a Dol, futura città bretone.
Dal monastero-vescovsdo di Dol, i monaci si diffusero sotto la guida di Sansone in tutti i territori della costa dell’antica Armorica, chiamata Britannia, dai britanni scappati dalla costa opposta; la vita religiosa di questa popolazione dipese unicamente da Dol, anche quando si crearono nuove diocesi, fino alla Rivoluzione Francese.
Sansone suo malgrado, venne coinvolto nelle vicende politiche della Cornovaglia, governata dal tiranno Commore che aveva ucciso Giona, il re legittimo, il vescovo si schierò dalla parte del figlio di questi, Juwal rifugiato a Parigi, chiedendo per lui l’appoggio di Chilberto I re merovingio.
Con l’aiuto di San Germano di Parigi (496-576), Sansone riuscì nello scopo e il re legittimo Juwal gli concesse un vasto territorio in Normandia, che egli evangelizzò facendovi sorgere il monastero di Pental, attualmente nel Comune di Saint-Samson-sur-Risle.
La ‘Vita’ racconta che in questo monastero, il vescovo Sansone era importunato dall’assordante starnazzare di molte oche selvatiche, che si erano posate nei dintorni, allora egli le obbligò ad entrare nel monastero a fare una penitenza per una notte, l’indomani le lasciò libere, comandando loro di starsene buone e silenziose per il futuro, cosa che avvenne puntualmente.
Ancora si racconta che nella Gallia del VI secolo, vi erano tre dragoni che furono uccisi o messi in fuga in tre scontri, da un leone che obbediva al vescovo Sansone.
Partecipò al II Concilio di Parigi, tenuto sotto Cariberto I (562-567); il re di Cornovaglia Juwal gli concesse per il suo monastero di Dol le Isole Normanne, ch’egli al suo ritorno cercò di evangelizzare.
Si spense nel suo monastero di Dol nel 565 ad 80 anni; il santo vescovo ha sempre goduto di un intenso culto sulle due sponde della Manica, la Gran Bretagna lo ricordò sempre con venerazione, la Bretagna francese gli eresse ben 26 parrocchie, cappelle, località.

Le sue reliquie a Dol furono risparmiate dalle distruzioni della Rivoluzione Francese. La sua festa si celebra il 28 luglio.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Sansone, pregate per noi.

*Beato Stanley Francis Rother - Sacerdote Missionario, Martire (28 Luglio)
Okarche, Oklahoma, Stati Uniti d’America, 27 marzo 1935 - Santiago Atitlán, Guatemala, 28 luglio 1981
Stanley Francis Rother, nato il 27 marzo 1935 a Okarche, trascorse l’infanzia e l’adolescenza nella fattoria dei suoi genitori. Iniziò la formazione verso il sacerdozio nel Seminario Seminario di San Giovanni a San Antonio, in Texas, poi in quello dell’Assunzione nella stessa città.
Tuttavia, fu dimesso perché aveva difficoltà col latino e all’epoca l’insegnamento era impartito solo in quella lingua. Fu poi accolto nel Seminario di Mount St. Mary a Emmetsburg nel Maryland e divenne
sacerdote il 25 marzo 1963. Trascorse cinque anni come vicario parrocchiale, finché non domandò di essere assegnato alla missione che la diocesi di Oklahoma City e Tulsa aveva a Santiago Atitlán, nel Guatemala.
Nonostante i suoi trascorsi, imparò benissimo lo spagnolo e la lingua della popolazione locale, gli tz’utujil, per poter celebrare i sacramenti.
Allo scoppio della guerra civile nel Guatemala, padre Rother risultò nelle liste delle persone da eliminare. Tornò in patria, ma solo temporaneamente: sapeva che, per usare le sue stesse parole, «Il pastore non può fuggire». Il 28 luglio 1981, a pochi mesi dal suo rientro, venne assassinato da tre uomini entrati nottetempo nella sua abitazione.
Il 23 settembre 2017, sotto il pontificato di Papa Francesco, è diventato il primo martire statunitense ufficialmente riconosciuto in assoluto, nonché il primo uomo candidato agli altari di nazionalità nordamericana, e in più sacerdote, a essere beatificato. I suoi resti mortali sono stati traslati nel 2017 dal cimitero di Okarche a quello della Resurrezione a Oklahoma City, tranne il cuore e una fialetta del suo sangue, sepolti dopo la sua uccisione nella chiesa di San Giacomo Apostolo a Santiago Atitlán.

I primi anni
Stanley Francis Rother nacque a Okarche, in Oklahoma, nel centro-sud degli Stati Uniti d’America, il 27 marzo 1935. Era il maggiore dei quattro figli di Franz Rother, di origini tedesche, e Gertrude Smith. Fu battezzato due giorni dopo la nascita nella chiesa della Santissima Trinità a Okarche, la parrocchia che frequentò in seguito con la sua famiglia.
S’impegnò fin da piccolo nei lavori agricoli e nello studio presso la scuola cattolica del suo paese. Prestava servizio in chiesa come ministrante ed era anche molto portato per gli sport. Ricevette la Prima Comunione il 22 aprile 1942 e fu cresimato il 4 aprile 1948.

Vocazione al sacerdozio, con qualche problema nella formazione
Mentre frequentava le scuole superiori, Stanley cominciò a interrogarsi sulla propria vocazione. Dopo un tempo di discernimento, entrò nel Seminario di San Giovanni a San Antonio, in Texas, nel settembre 1953. Proseguì gli studi dal settembre 1956 presso il Seminario dell’Assunzione, ancora a San Antonio.
Tuttavia, visto che il suo carattere era molto più incline alle questioni pratiche rispetto a quelle delle materie di studio, affrontò parecchi problemi. A peggiorare le cose, il fatto che all’epoca gli insegnamenti erano impartiti esclusivamente in latino, lingua che non riusciva a padroneggiare per nulla.

Una seconda possibilità
Così, dato che i suoi voti erano molto bassi, gli fu richiesto di lasciare il Seminario. Dopo essersi consultato con monsignor Victor Reed, vescovo dell’allora diocesi di Oklahoma City e Tulsa, Stanley ottenne una seconda possibilità: fu ammesso nel Seminario di Mount St. Mary a Emmitsburg, nel Maryland, a partire dal settembre 1959.
Tra ulteriori difficoltà, fu ordinato suddiacono il 2 giugno 1962 e diacono il 15 settembre successivo. Infine, il 25 maggio 1963, venne ordinato sacerdote nella cattedrale di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Oklahoma City.

I primi incarichi
Per cinque anni, padre Stanley prestò servizio come vicario parrocchiale. Dal 1963 al 1965 presso la parrocchia di San Guglielmo a Durant, dove fu ricordato come un uomo tranquillo e pacato, che spesso invitava i chierichetti a falciare il prato e a impegnarsi in vari piccoli lavori. Molto spesso si recava a mangiare nelle famiglie e partecipava ai campi estivi.
Dal 1965 al 1966 fu assegnato alla parrocchia di San Francesco Saverio a Tulsa. Nel 1966 fu nominato vicario parrocchiale della Cattedrale della Sacra Famiglia a Tulsa, ma nel settembre 1966 venne destinato alla parrocchia del Corpus Christi a Oklahoma City.

La chiamata alla missione
Intanto, nel 1962, il Papa san Giovanni XXIII aveva richiesto alle diocesi degli Stati Uniti un supporto per le chiese latinoamericane. La diocesi di Oklahoma City e Tulsa rispose inviando, nella primavera del 1964, un gruppo di sacerdoti, suore e laici, capeggiati da padre Ramon Carlin. La loro destinazione era Santiago Atitlán, nel sud-ovest del Guatemala: un territorio dalla bellezza sconvolgente, ancora incontaminato. Ad abitarlo, la popolazione indigena degli Tz’utujil, uno dei ventuno gruppi discendenti dagli antichi Maya, già evangelizzata nel XVI secolo e da almeno cinquant’anni priva di assistenza spirituale.
Padre Ramon Carlin, che si era dedicato alla trascrizione della lingua tz’utujil, lasciò in seguito la missione per operare nel nuovo istituto linguistico di Antigua, sempre in Guatemala. Fu quindi necessario che qualcuno lo sostituisse: a partire, nel 1968, fu padre Stanley Rother, che si offrì volontario.

Missionario in Guatemala
Padre Stanley stabilì molto presto una connessione con la popolazione di Santiago Atitlán. Dato che il suo primo nome proprio risultava difficile da comprendere, si faceva chiamare col secondo: Francisco in spagnolo, Apla’s nell’adattamento in lingua tz’utujil.
Nonostante le sue precedenti difficoltà col latino, si mise d’impegno per imparare lo spagnolo e la lingua indigena, per comunicare con i suoi fedeli: per questo motivo, scelse di vivere insieme a una famiglia del posto. Imparò tanto in fretta da terminare la traduzione del Nuovo Testamento iniziata dal suo predecessore e, in un secondo momento, quella del Lezionario e del Messale, in modo da poter celebrare la Messa in tz’utujil.
La popolazione viveva in capanne composte da una sola stanza e si manteneva con quanto riusciva a coltivare in minuscoli appezzamenti di terra. Padre Stanley, sfruttando il suo passato da contadino, aiutava personalmente nei campi, introducendo varie coltivazioni e costruendo un sistema d’irrigazione. Tempo dopo, avviò anche una cooperativa agricola.
Visitava continuamente i suoi fedeli, mangiava con loro e curava i malati, per i quali aprì un piccolo ospedale. Un’altra sua realizzazione fu una radio che trasmetteva programmi educativi e la celebrazione domenicale della Messa.

Il soffio della guerra
Negli anni del servizio di padre Stanley, in Guatemala imperversava la guerra civile. Il governo dei presidenti Fernando Romeo Lucas García ed Efraín Ríos Montt non distingueva tra guerriglieri e operatori sociali: per questo motivo, furono uccise anche migliaia di cattolici, a causa della loro missione di promozione umana.
Per qualche tempo la violenza fu ristretta nelle città, ma in poco tempo arrivò anche sulle montagne. Molti catechisti scomparvero, mentre altri fedeli furono trovati morti, con segni di tortura, ai bordi
delle strade. Anche la radio fondata da padre Stanley fu saccheggiata e il suo responsabile torturato e ucciso.
Spesso la popolazione, in cerca di rifugio, arrivava a dormire nelle chiese. Fece così anche Diego Quic’ Apuchan, il capo dei catechisti di Santiago Atitlán: comparve su una delle liste delle persone da eliminare che circolavano nel Paese sul finire del 1980, ma fu rapito la sera del 5 gennaio 1981, sotto gli occhi di padre Stanley e degli altri operatori della parrocchia, accorsi in suo aiuto.

Dalle sue lettere
Nelle sue lettere di quel periodo, padre Stanley registrò la sua crescente angoscia. In quella del luglio 1980, destinata all’amica Frankie Williams, già volontaria in Guatemala, scrisse: «C’è stato un altro prete ucciso nel Quiche mentre ero via. Sono tre dall’inizio di maggio. Un altro è stato rapito, probabilmente è morto. E che cosa dobbiamo fare in questa situazione? Non possiamo fare altro che continuare il nostro lavoro, andare avanti a testa bassa, predicare il Vangelo dell’amore e della non violenza eccetera».
Pur essendo preoccupato dell’effettivo impatto della predicazione sua e degli altri missionari, concluse nella medesima lettera: «Dio si prenderà cura dei Suoi, se noi siamo in quel gruppo. Non succederà niente se non ciò che deve accadere. Fa tutto parte del Suo grande disegno».

«Il pastore non può fuggire»
Nel dicembre 1980 due giornali diocesani riportarono l’ultima lettera natalizia di padre Stanley. Conteneva un appello che era anche una dichiarazione d’intenti: «Dobbiamo stare attenti a dove andiamo e a cosa diciamo a chiunque. Un bel complimento mi è stato fatto di recente quando un presunto capo della Chiesa e della città si stava lamentando che "Il Padre sta difendendo la gente". Mi vuole deportare per i miei peccati.
Questa è una delle ragioni che ho per restare a dispetto del danno fisico. Il pastore non può fuggire al primo segnale di pericolo. Pregate per noi, affinché possiamo essere un segno dell’amore di Cristo per questa gente, affinché la nostra presenza tra di loro li rafforzi nel sopportare queste sofferenze in preparazione alla venuta del Regno». All’inizio del 1981, il nome di padre Stanley comparve a sua volta nelle liste di proscrizione. Per questo motivo, cercò rifugio passando da una casa all’altra, ma, per maggior sicurezza, fu obbligato a tornare per qualche tempo in Oklahoma.
I familiari e gli amici avrebbero voluto trattenerlo più a lungo, ma spesso lo sorprendevano alla finestra, con lo sguardo perso nell’orizzonte. A suo fratello Tom ribadì il concetto che aveva già espresso: «Devo tornare e basta. Il pastore non può fuggire».
Alla fine, con il permesso del suo vescovo, il missionario poté tornare a Santiago Atitlán in tempo per la Settimana Santa del 1981.

Il martirio
Nella notte del 28 luglio 1981, verso l’una, tre uomini armati entrarono silenziosamente nella casa parrocchiale e si avviarono verso la camera di padre Stanley, al piano superiore. Trovarono la stanza vuota, quindi cominciarono a girare per l’abitazione, finché non s’imbatterono in Francisco Bocel, il giovanissimo fratello di padre Pedro Bocel, collaboratore del missionario: lo minacciarono quindi di condurli da lui, o l’avrebbero ucciso.
Il ragazzo, terrorizzato, fece come gli avevano detto. Condusse i tre armati al primo piano e bussò a una porta vicino alla scala: «Padre», mormorò, «la stanno cercando». Padre Stanley si alzò dal letto e, con tutta probabilità, esaminò brevemente la situazione: avrebbe potuto scappare dalla finestra, ma se l’avrebbe fatto, Francisco sarebbe morto.
Subito dopo, aprì la porta. Mentre Francisco saliva di corsa le scale, sentì rumori di lotta e il missionario esclamare: «Uccidetemi qui». All’istante, partì prima un colpo di arma da fuoco, poi un altro.
L’uccisione di padre Stanley, quarantaseienne, lasciò sconvolti gli abitanti di Santiago Atitlán. In molti si raccolsero spontaneamente, sul piazzale della chiesa, pregando in silenzio. L’autopsia sul suo cadavere riscontrò che una pallottola gli aveva perforato la mascella, ma il colpo fatale l’aveva raggiunto alla tempia destra. I lividi sulle sue mani indicavano che aveva effettivamente lottato prima di essere ucciso.
La notizia della sua uccisione arrivò ai suoi familiari alcuni giorni dopo. I funerali si svolsero in Oklahoma e il suo corpo fu sepolto presso il cimitero della Santissima Trinità a Okarche. Il suo cuore e una fialetta del suo sangue, invece, furono seppelliti nella chiesa di San Giacomo a Santiago Atitlán, mentre la stanza dove fu ucciso venne trasformata in cappella.

La causa di beatificazione
La fama di martirio di padre Stanley rimase viva e operante sia in Guatemala, sia nel suo nativo Oklahoma. Per questo motivo fu deciso di aprire la causa per la sua beatificazione, in modo da accertare se la sua uccisione potesse essere davvero avvenuta in odio alla fede cattolica.
La diocesi di Sololá-Chimaltenango, nel cui territorio si trova Santiago Atitlán, non poté rendersi disponibile all’avvio della fase diocesana. Fu quindi ottenuto il permesso, il 3 settembre 2007, perché questa si svolgesse nella diocesi di Oklahoma City.
Un mese dopo, il 3 ottobre, iniziò la fase diocesana, che si concluse il 20 luglio 2010; nel frattempo, il 25 novembre 2009, era giunto il nulla osta dalla Santa Sede. Il decreto che convalidava i documenti dell’inchiesta diocesana porta la data del 16 marzo 2012.
La "Positio super martyrio", consegnata nel 2014 alla Congregazione delle Cause dei Santi, è stata esaminata dai Consultori teologi il 14 giugno 2015. Infine, il 1° dicembre 2016, papa Francesco ha
autorizzato la promulgazione del decreto con cui padre Stanley Rother poteva essere davvero dichiarato martire.
Il 10 maggio 2017 i resti mortali del missionario sono stati riesumati dal cimitero della Santissima Trinità a Okarche, sottoposti alla ricognizione canonica e infine sepolti nuovamente in una cappella nel cimitero della Resurrezione, nella parte nord-occidentale di Oklahoma City.
La beatificazione è stata celebrata il 23 settembre 2017 presso il Cox Convention Center di Oklahoma City. A presiedere il rito, in qualità di delegato del Santo Padre, il cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
Padre Stanley risulta quindi essere il primo martire statunitense ufficialmente riconosciuto in assoluto, nonché il primo uomo candidato agli altari di nazionalità nordamericana, e in più sacerdote, a essere stato beatificato.

(Autore: Emilia Flocchini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Stanley Rother, pregate per noi.

*San Vittore I – 14° Papa e Martire  (28 Luglio)

m. 199
(Papa dal 189 al 199)
Quattordicesimo Papa, venne eletto nel 189 e morì dieci anni dopo. Nei primi cinque anni del suo Pontificato ebbe come interlocutore l'imperatore Commodo, che grazie agli auspici della sua favorita Marcia, simpatizzante verso di loro, non rinnovò la persecuzione contro i cristiani. Anzi, decise la liberazione dei cristiani condannati alla deportazione nelle miniere della Sardegna.
Fu tenace difensore della purezza della fede e a questo scopo condannò i vari movimenti ereticali che attaccavano la Trinità.
In particolare, l'adozionismo, predicata in Roma da Teodato, detto «il cuoiaio», secondo cui Gesù sarebbe stato un uomo adottato da Dio e eleva al rango divino. In campo liturgico si contrappose alle Chiese «Quartodecimani» per le quali la Pasqua andava celebrata nella luna decimoquarta di marzo, in qualunque giorno cadesse.
Della morte di Papa Vittore I non si sa molto, ma visto che la seconda metà del suo Pontificato coincise con le persecuzioni anticristiane dell'imperatore Settimio Severo, quasi certamente venne martirizzato. (Avvenire)

Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Roma, San Vittore I, Papa, africano, che stabilì che la Santa Pasqua fosse celebrata da tutte le Chiese la domenica seguente la Pasqua giudaica.
San Vittore I è il 14° Papa, eletto nel 189 morì nel 199 molto probabilmente subendo il martirio, quindi il suo pontificato durò 10 anni, un lungo periodo se consideriamo che a quei tempi imperversavano le persecuzioni ricorrenti dei vari imperatori, che cessarono solo nel 313-14; quasi tutti i papi dei primi 300 anni della Chiesa sono martiri.
Ebbe la sorte di pontificare i primi cinque anni sotto l’imperatore Commodo (m. nel 194) il quale grazie agli auspici della sua favorita Marcia, simpatizzante per il Cristianesimo, non solo non rinnovò la persecuzione, ma fece per i cristiani quello che finora nessun imperatore aveva fatto; con l’aiuto
di Marcia, il papa Vittore ebbe un incontro con lui, nel quale gli consegnò la lista dei cristiani condannati alla deportazione per i lavori forzati nelle miniere della Sardegna e Commodo ne ordinò la liberazione.
Era l’anno 190 ed era la prima volta che l’Impero trattava direttamente con la Chiesa e il vescovo di Roma.
Questo episodio è importante anche per capire la perfetta organizzazione della carità cristiana in Roma, la quale provvedeva non solo ai membri bisognosi della comunità, ma si estendeva anche ai fratelli perseguitati, sofferenti nelle carceri o condannati ai lavori forzati nelle miniere; di tutti si teneva un elenco aggiornato.
A guardare oggi questi avvenimenti ci sembra quasi impossibile che in quei tempi, dove per il solo fatto di essere oppure solo indicati come cristiani, si moriva con estrema facilità e con tormenti indicibili e incomprensibili in un impero così vasto e faro di civiltà e diritto, proprio la Chiesa primitiva nel suo vivere nascosto e continuamente in pericolo, avesse un’organizzazione da far invidia sia nel campo assistenziale che in quello spirituale e dottrinario.
In campo liturgico, la controversia in cui si venne a trovare papa Vittore I, fu quella della celebrazione della Pasqua.
Le Chiese dell’Asia del periodo preconsolare e quelle di origine ebraica, la celebravano il 14 del mese di ‘nisan’ (aprile), da qui il loro nome di Quartodecimani e dall’altra parte le Chiese Occidentali compresa quella di Roma, la celebravano la Domenica come il giorno nel quale Gesù era risorto.
Questa controversia vide impegnati nei due schieramenti grandi personaggi della Fede cristiana, come San Policarpo di Smirne, Sant' Ireneo, Papa Aniceto, Papirio, Melitone, ecc.
Il Papa Vittore I indisse i Sinodi presso le varie Chiese per poter avere risposta specifica sull’argomento, se favorevoli o no alla celebrazione domenicale. Ancorauna volta le Chiese asiatiche rimasero sulle loro posizioni e il papa allora agì di autorità, dopo aver imposto la celebrazione romana a tutta la Chiesa Universale, comminò la scomunica a tutti i dissenzienti, ma poi non l’applicò, visto le mediazioni di autorevoli vescovi non asiatici, tese ad evitare un grave scisma.
Comunque durante il III sec., la scelta di Roma fu poi pacificamente accettata.
Questo altro episodio ci presenta il Papa Vittore I come il primo vero “papa”, il quale afferma la supremazia della Chiesa di Roma sulle altre, lo si vede nell’imporre la celebrazione dei Sinodi nelle varie Chiese e la loro ubbidienza; anche l’atto di imporre pena la scomunica, la celebrazione della Pasqua in un’unica data universale, lascia intravedere i primi segni di quello che sarà nei secoli futuri il primato di Pietro e quindi di Roma.
Altre eresie che si affacciavano durante il suo pontificato, furono combattute con vigore, come l’adozionismo che presentava Gesù come puro uomo adottato da Dio come figlio ed elevato così al rango divino.
Papa Vittore I presenta un’altra caratteristica, egli era un africano ed insieme a San Melchiade, (papa 100 anni dopo) furono gli unici papi di questo Continente, a riprova di quanto fossero importante nell’epoca romana il Nord Africa e le zone vicine all’Asia Minore.
Non si conosce bene come morì, ma visto che i suoi secondi cinque anni di pontificato corrispondono alla ripresa delle persecuzioni con il nuovo imperatore Settimio Severo, quasi certamente fu martirizzato come i suoi predecessori.
Sepolto presso San Pietro, lo si ricorda il 28 luglio.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Vittore I, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (28 Luglio)

*Beato Giovanni Soreth - Carmelitanp
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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